orge
Una notte a Varenna


23.04.2025 |
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"O forse ero io ad averle notate, tutte e tre, come un pugno in petto..."
Avevo affittato quella villa a Varenna per staccare la spina. Niente di programmato, solo un weekend lontano da tutto: il lago calmo, le viuzze in pietra, l’odore del glicine e del vino bianco nei bicchieri. Poi, quella sera, al piccolo aperitivo organizzato sulla terrazza del residence, erano arrivate loro.
Sharon indossava una camicia bianca trasparente e nulla sotto.
Angelina era in un vestitino nero cortissimo, con occhi da gatta affamata.
Sara, shorts di jeans e canotta attillata, voce roca e sguardo diretto.
Mi avevano notato subito.
O forse ero io ad averle notate, tutte e tre, come un pugno in petto.
«Tu sei qui da solo?» mi chiese Sharon, poggiandosi al bancone accanto a me.
«Già. È una scelta.»
«O una provocazione?» ribatté lei.
Angelina ci osservava da dietro il calice, quel sorriso che prometteva guai. Sara si era seduta sul bordo del tavolo, gambe accavallate, fissandomi senza dire una parola.
Il vino scorreva. Le battute si facevano più spinte.
«A te… chi piace di più tra noi?» chiese Sara, improvvisamente.
«Forse tutte. Ma in modi diversi.»
Si scambiarono uno sguardo complice.
«Allora vieni con noi» disse Sharon. «Ti portiamo nella nostra villa. È qui vicino.»
⸻
Appena si chiuse la porta, Sharon mi spinse contro il muro e mi baciò. Sara la seguì, leccandole il collo mentre mi sbottonava la camicia. Angelina fu la prima a inginocchiarsi.
Entrai con loro in quel mondo senza filtri. Non ci fu bisogno di chiedere. Non c’erano freni, né morale. Solo istinto.
Sharon cominciò a succhiarmi con una fame feroce, mentre Angelina le leccava la figa da dietro. Sara, nuda, mi guidava una mano tra le sue cosce bagnate, sussurrandomi:
«Fammi venire sulle tue dita… guardali mentre mi toccano…»
Le mie dita scorrevano dentro Sara mentre osservavo Sharon prenderlo sempre più in gola, con la lingua umida e rapida. Angelina dietro, due dita dentro Sharon, il viso immerso nel suo sesso. Gemiti, umori, e un ritmo che accelerava.
«Voglio che mi scopi per prima» disse Sharon. «Sul tavolo. Davanti a tutte.»
La sollevai. La misi a quattro zampe sul tavolo della cucina, il suo culo perfetto rivolto verso di me. Entrai in lei con un colpo secco. Lei urlò, aggrappandosi al legno.
«Dio… così, sì… spingilo tutto dentro…»
Le mie mani stringevano i suoi fianchi. Il suono dei nostri corpi si mescolava al respiro caldo delle altre. Sara e Angelina si toccavano, guardandoci, eccitate.
⸻
«Voglio sentirlo nel culo» sussurrò Sharon all’improvviso. «Sputami addosso. Fammi tua anche lì.»
Le sputai sul buco e ci giocai con un dito. Quando fu rilassata, la penetrai con lentezza. Lei gemette più forte, spingendosi indietro.
«Me lo stai spaccando… continua… fammi urlare…»
La presi con forza, il suo culo che mi stringeva ad ogni colpo. Non voleva pietà. Solo godere.
Quando fui vicino, mi tirai fuori. Mi voltai verso le altre.
«Voglio venire nella vostra bocca. Tutte e due.»
Sara e Angelina si inginocchiarono subito. Sara prese il cazzo e cominciò a leccarlo con lentezza, mentre Angelina si occupava delle palle. Poi si scambiarono. Le loro lingue si incrociavano, scivolavano su di me, calde, umide, perfette.
«Vogliamo tutto» disse Sara. «Sporca le nostre bocche. Siamo qui per questo.»
Venni con un gemito profondo. Le afferrai per i capelli e le inondai, la sborra che colava sulle loro lingue, sui volti, tra le labbra aperte. E loro la divorarono, leccandosi a vicenda.
Sharon tornò a sdraiarsi accanto a noi, il culo ancora aperto e lucido.
Sara e Angelina si sdraiarono con lei, i corpi intrecciati, nude e sudate.
Restammo così, nel silenzio rotto solo dal nostro respiro.
Il lago fuori sembrava fermo, come se anche lui avesse trattenuto il fiato per guardarci.
⸻
Ma Sharon non era ancora sazia. Si voltò, con gli occhi lucidi e il sorriso maledetto.
«Non hai finito. Adesso voglio la tua bocca… e poi mi scopi la figa come se dovessi morire domani. Come se fossi tua. Solo tua.»
Mi sedetti sul letto e la tirai verso di me.
«Vieni qui. Pulisci il tuo culo, troia.»
Sharon si inginocchiò, prese il cazzo in bocca e lo succhiò con fame, ripulendolo della sua stessa sborra. Lo faceva gemendo, leccando ogni goccia, senza pudore. Poi si alzò e si mise sopra di me, la figa aperta che mi cercava.
La presi dentro con un colpo solo. Lei gemette forte, si piegò in avanti e cominciò a cavalcarmi.
Il suo corpo scivolava sul mio, il suo ventre contro il mio, le labbra che cercavano le mie.
Non voleva tenerezza.
Voleva fuoco.
La girai di nuovo a quattro zampe.
La presi prima nella figa, poi nella bocca, poi ancora nella figa. Un ciclo feroce, senza respiro. Lei gemeva, rideva, ansimava, con la voce spezzata e il corpo devastato.
«Vieni dentro… fammi sentire che mi esplodi di nuovo dentro…»
E quando venni, fu una scarica calda, lunga, profonda, che la fece tremare.
Sharon crollò sul letto, le gambe molli, la figa e il culo gocciolanti.
⸻
Il silenzio tornò nella stanza.
Sharon era sdraiata sul fianco, la pelle lucida, le cosce ancora sporche della mia sborra.
Mi avvicinai a lei e la accarezzai.
«Ancora viva, puttana?» le sussurrai.
Lei sorrise.
«A malapena… ma mi piace così.»
Le infilai una mano tra le cosce, e lei non si oppose. Era ancora calda.
La masturbai lentamente mentre le leccavo il collo, mentre il suo corpo si scioglieva, ancora, in un altro orgasmo lungo, liquido, senza difese.
Restammo così. Io dentro di lei con la mano. Lei stesa, aperta, vinta.
Nessuno parlava. Nessuno voleva chiudere quella parentesi.
«Domani non ricorderemo chi ha iniziato» mormorò Sara, col capo sul mio petto.
«Ma tutti ricorderemo chi ha goduto di più.»
E io, steso lì tra loro tre, sapevo già che non avrei chiuso occhio.
Non ancora.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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